Quando ancora non c'era internet e noi eravamo dei ragazzi, inseguendo le note di copertina degli LP, le collaborazioni, le citazioni sulle biografie trovate in biblioteca Lou Reed e David Bowie ci accompagnavano non solo attraverso la miglior musica rock di fine millenio ma attraverso mezzo secolo di letteratura, cinema arte e teatro: da Andy Warhol a Julian Schnabel,da Delmore Schwartz a Pomerance e Trevis. In ogni cosa che facevano aprivano una porta e mostravano un luogo nuovo.
Il 27 ottobre 2013 dopo mesi di riabilitazione a seguito di un trapianto di fegato Lou Reed ci lasciava.
Il 10 Gennaio 2016 un tumore ha riportato Thomas Jerome Newton sul suo pianeta e David Bowie insieme a lui.
Ora che, rispetto ad un tempo, grazie ad internet si può raggiungere virtualmente qualsiasi luogo e si può avere accesso a qualsiasi informazione sembra però che nessuno ci porti più da nessuna parte.
Lou Reed e David Bowie si sono fatti da parte, avanti il prossimo allora. Noi aspettiamo fiduciosi.
We are waiting for the heroes.
Nel frattempo non smettiamo mai di ascoltare la loro musica, nè di suonarla.
Fra i gruppi musicali che maggiormente hanno segnato la scena culturale Newyorkese ed americana tra la fine degli anni sessanta ed i primi anni settanta ci sono stati sicuramente i “Velvet Underground”. Tanto scarso è stato il seguito di pubblico ottenuto nel breve periodo di attività, quanto grande è stata l’influenza lasciata sull’evoluzione della musica rock ed il seguito ottenuto molto più tardi, almeno dopo la metà degli anni ottanta. E non ci sarebbero stati Velvet Underground senza Andy Warhol che nella sua ricerca di arte totale li ha tolti dagli stage dei locali di periferia, come una scatola di detersivo dagli scaffali di un supermercato, per proiettarli sul palco dell’Exploding Plastic Inevitable rendendoli il cuore pulsante di un evento sensoriale totale frammisti ad una variegata fauna di attori, ballerini e travestiti. Sono parecchie le testimonianze fotografiche e video di Lou Reed ed i Velvet nella Factory di Warhol ed a variegati festini fra queste anche l’omonimo film girato da Warhol nel ’66 “The Velvet Underground and Nico” che termina con l’irruzione della polizia nel loft di Warhol. Quest’ultimo fu il preludio all’album dell’anno seguente universalmente conosciuto come “Banana” e che, nella versione originale, presentava sulla copertina una grande banana gialla fustellata disegnata da Warhol stesso con la scritta “peel slowly and see”. Era l’anno in cui esplodevano i Doors ed i Beatles pubblicavano “Sergent Pepper’s” ben altro successo avrebbero riscosso questi gruppi implodendo poi in se stessi, eventualmente fino all’autodistruzione, incapaci di sopportare il peso di una popolarità planetaria in un tempo in cui il mondo era molto più grande di adesso. Questo non è stato certo il caso dei Velvet i quali avevano l’unica colpa di essere troppo avanti per il loro tempo, tanto avanti da ritrovarsi un bel momento a cadere nel vuoto dopo aver seminato tutto il proprio pubblico. Il legame fra Lou Reed e Warhol è continuato ben oltre lo scioglimento dei Velvet ed anche per questo dopo la morte di Warhol “The Brooklyn Academy of The Arts” chiese proprio a Reed ed a John Cale un lavoro specifico sulla figura di Warhol che si concretizzò nell’album “Songs For Drella”. Non bisogna comunque dimenticare il fatto che le menti del gruppo, Lou Reed e John Cale, erano comunque terreno fertile provenendo da esperienze accademiche anche rilevanti: John Cale ha studiato in un entourage culturale in odore di Cage, LaMonte Young (con il quale per un periodo portò avanti il progetto Dream Syndacate) e Lou Reed era compagno di sbronze del poeta americano Delmore Schwartz. L’insieme di tutte queste influenze di varia natura ha fatto sì che la produzione di Lou Reed, sia quella del periodo VU sia quella solista, sia pervasa da un innegabile spessore poetico e musicale che lo fanno entrare a nostro parere di diritto nell’ambito dei grandi song writer americani del novecento: anche il nome del progetto “Lou Reed’s Song Book” nasce da questa convinzione. L’ascolto attento della produzione di Lou Reed e dei Velvet nella preparazione del nostro lavoro ci ha portato alla constatazione che innanzi tutto Lou Reed è un poeta, tanto dal punto di vista letterario quanto da quello musicale, ed i poeti non vanno riscritti ma tradotti. Per questo ci piace considerare il nostro lavoro come una raccolta di brani di Lou Reed con il testo Jazz a fronte. In fondo “Caroline Says II” avrebbe potuta essere cantata da Billie Holiday, “Heroin” sarebbe stato perfetto per John Coltrane e peccato che Shirley Horne non abbia mai inciso “Venus in Furs”. Il nostro vuole essere per l’appunto un omaggio, ed il gruppo è quindi lungi dall’essere una tribute band. Il nostro approccio ai brani è stato quello quindi di esporli sì con una impronta tipicamente jazz, ma mai snaturandoli nella loro intima sostanza mantenendo il più possibile il loro spirito originale. L’impronta Jazz scaturisce principalmente dall’evoluzione della forma musicale e dall’approccio nei suoni.
(dalle note di copertina del CD Philology)
Nel momento in cui stiamo buttando giù queste brevi impressioni su questo splendido omaggio discografico a Lou Reed (che noi consideriamo peraltro anche un omaggio ai Velvet Underground e ad una certa New York anni ’70 oggi quasi completamente scomparsa), non sappiamo ancora con certezza quale sarà il titolo definitivo della raccolta.
Forse non sarebbe la scelta più azzeccata dal punto di vista della visibilità e della risonanza commerciale, sempre in primo piano nell’ottica dei discografici, ma sintetizzare la forza degli otto brani contenuti nel cd nella locuzione “Style It Takes” ci parrebbe altrimenti perfettamente logico, assolutamente aderente alle caratteristiche del progetto.
Questione di stile, di una coolness indiscutibile nell’originale, e che Sabrina Bighignoli e i suoi magnifici quattro riacchiappano apparentemente senza sforzo, trovando una loro personale strada - senza peraltro snaturare strutture portanti e melodie - alla parte tuttora più rappresentativa del canzoniere loureediano (naturalmente la selezione non può essere esaustiva; chissà che non vi siano successivi capitoli in futuro).
Ce n’eravamo resi conto dalle prime uscite live, che il quintetto, a cominciare dalla fascinosa vocalist, aveva nelle sue mani lo stile che ci vuole (l’omonima, bellissima canzone è un estratto dalle “Songs for Drella” che, all’indomani della morte di Warhol, vero deus ex machina dei primi Velvet Underground, riportarono alla fruttuosa collaborazione Reed e John Cale). Ascoltando adesso le otto tracce del percorso, l’idea ci viene consolidata dal canto apparentemente quasi distaccato e straniato di Sabrina, dagli arrangiamenti, architettati con creatività e contemporaneamente profonda cognizione di causa, di Andrea Temporin, primo, mobilissimo motore di un’opera cui tre musicisti di chiara fama a loro volta portano personali contributi.
Di fronte ad un lavoro del genere, ci pare stucchevole e inutile voler mettere i puntini sulle i in eventuali dissertazioni su quale ‘scaffale’ stilistico debba accogliere il disco, rock o jazz.
Più significativo, ci sembra, sottolineare come il quintetto abbia saputo cogliere e trasmettere, con originalità e gusto, quelle tinte noir (naturalmente con l’eccezione della ‘solare’ Perfect Day), inconfondibilmente metropolitane e inconfondibilmente newyorkesi (quella New York così esoticamente pericolosa e scura, come una sorta di foresta amazzonica ancora inesplorata e fuori controllo, che fa da scenario a Venus In Furs, Caroline Says #2, I’m Waiting For My Man, Heroin), di cui Lou Reed è stato ed è quintessenziale sceneggiatore rock.
Beppe Montresor
Sabato 25 Marzo
La Fontana ai Ciliegi - Ore 22
Strangers when we meet
Sabrina Bighignoli (voce)
Ottavio Giacopuzzi (sax)
Andrea Temporin (pianoforte)
Enrico Terragnoli (basso)
Paolo Mappa (batteria)
San Pietro Incariano (Verona)
Venerdì 27 Maggio
Centro Culturale Tirtha - Dalle ore 21
David Bowie's Sound And Vision
Sabrina Bighignoli (voce)
Ottavio Giacopuzzi (sax)
Andrea Temporin (pianoforte)
Enrico Terragnoli (basso)
Paolo Mappa (batteria)
Pescantina (Verona)
Centro Culturale Tirtha
Sabato 2 Aprile
La Fontana ai Ciliegi - Ore 22
Waiting for the heroes
Sabrina Bighignoli (voce)
Ottavio Giacopuzzi (sax)
Andrea Temporin (pianoforte)
Enrico Terragnoli (basso)
Paolo Mappa (batteria)
San Pietro Incariano (Verona)
20 Dicembre 2014
La Fontana ai Ciliegi - Ore 22
Jazz e dintorni - da billie holiday a david bowie
Sabrina Bighignoli (voce)
Ottavio Giacopuzzi (sax)
Andrea Temporin (pianoforte)
Enrico Terragnoli (basso)
San Pietro Incariano (Verona)
14 Dicembre 2013
Centro Culturale Tirtha - Ore 21
Style It Taks - Lou Reed’s Song Book
Sabrina Bighignoli (voce)
Ottavio Giacopuzzi (sax)
Andrea Temporin (pianoforte)
Enrico Terragnoli (basso)
Paolo Mappa (batteria)
Pescantina (Verona)
17 Gennaio 2010
Jazz On Live - Ore 19
Style It Taks - Lou Reed’s Song Book
Sabrina Bighignoli (voce)
Ottavio Giacopuzzi (sax)
Andrea Temporin (pianoforte)
Enrico Terragnoli (basso)
Sbibu Sguazzabia (batteria)
Brescia
26 Marzo 2009
Auditorium Gran Guardia - Ore 21
L'ANIMA E LE FORME - incontro con Philippe Daverio
Sabrina Bighignoli (voce)
Ottavio Giacopuzzi (sax)
Andrea Temporin (pianoforte)
Enrico Terragnoli (basso)
Paolo Mappa (batteria)
Verona
24 Gennaio 2008
Centro Culturale Candiani - Ore 21
Style It Takes - Lou Reed's Song Book
Sabrina Bighignoli (voce)
Ottavio Giacopuzzi (sax)
Andrea Temporin (pianoforte)
Enrico Terragnoli (basso)
Paolo Mappa (batteria)
Mestre (Venezia)
4 Maggio 2007
Centro Mazziano di Cinematografia - Ore 21:30
Style It Takes - Lou Reed's Song Book
Sabrina Bighignoli (voce)
Ottavio Giacopuzzi (sax)
Andrea Temporin (pianoforte)
Enrico Terragnoli (basso)
Paolo Mappa (batteria)
Verona